lunedì 2 febbraio 2015

LA SVIZZERA NEL PIATTO



Se si chiedesse in giro quali sono i formaggi più iconici nell’immaginario collettivo, sicuramente in cima alle risposte ci sarebbero loro: i formaggi svizzeri.
Frutto di una perfetta armonia di natura, storia e tradizione, le oltre 400 tipologie di formaggi sono i prodotti più rappresentativi della gastronomia elvetica.
Due di essi (probabilmente i più famosi), l’Emmentaler e il Gruyère, sono stati i protagonisti della degustazione La Svizzera nel piatto organizzata da Città del Gusto, che ha avuto luogo giovedì 29 gennaio presso il Roof Garden dell’Hotel Royal Continental di Napoli.

 
Tre stagionature per ogni tipo e sei vini campani premiati con i Tre Bicchieri dalla guida Vini d’Italia del Gambero Rosso in abbinamento, in un incontro condotto dalla giornalista Mara Nocilla, da Stefano Carboni di Mg Logos e dall’esperto di vini Marco Sabellico.

Mara Nocilla, Stefano Carboni e Marco Sabellico
Le sei tipologie di formaggio in degustazione
 
In apertura, il formaggio svizzero per antonomasia, l’Emmentaler (quello coi buchi, per intenderci).
A latte vaccino non pastorizzato, dolce, dai sentori di frutta secca, ottimo al naturale e versatile in cucina, presenta differenze al naso e al gusto a seconda del grado di stagionatura. Se l’Emmentaler Switzerland Classic stagionato almeno 4 mesi ha una dolcezza esuberante e note di amaro mandorlato, nell’Emmentaler Réserve stagionato minimo 8 mesi si accentuano le note lattiche e quelle secondarie. Gli aromi risultano ancora più carichi ed evoluti nell’Emmentaler stagionato in grotta almeno 12 mesi, così come aumenta la persistenza al palato.

Emmentaler DOP

Pur essendo prodotto anch’esso con latte crudo di mucca, il Gruyère ha caratteristiche diverse: un sapore più austero, più indicato per il fine pasto. Il DOP stagionato minimo 5 mesi ha consistenza burrosa e un gusto pieno con nota vegetale di sottofondo; il Réserve, più maturo (10 mesi), ha consistenza più compatta e uno spettro aromatico potenziato in cui emerge il pascolo, fino ad arrivare al Gruyère d’Alpage stagionato almeno 12 mesi dalla consistenza sablé e dall’odore di stalla ed erbe di montagna. 

Le Gruyère DOP
Gruyère d'Alpage DOP

In una sorta di laboratorio sperimentale alla ricerca dell’accordo perfetto, a questi formaggi “nordici” si è provato ad abbinare sei vini campani (in alcuni casi per contrapposizione, in altri per similitudine): Falanghina del Taburno 2013 Fontanavecchia, Falanghina Svelato 2013 Terre Stregate, Fiano di Avellino Béchar 2013 Cantine Antonio Caggiano, Cilento Fiano Pietraincatenata 2012 Luigi Maffini, Taurasi 2010 Urciuolo e Roccamonfina IGT Terra di Lavoro 2011 Galardi. 
Qualcosa devo aver imparato da tutte le degustazioni alle quali ho partecipato, perché mi sono trovata sempre d’accordo con le scelte di Sabellico. 

Marco Sabellico
I sei vini campani Tre Bicchieri
 
Riguardo agli abbinamenti con composte o confetture, l’opinione prevalente è stata che, in generale, un buon formaggio basta a se stesso. Per cui, del buon pane, del miele o qualche noce d’accompagnamento possono bastare.
Alla degustazione in purezza ha fatto seguito l’assaggio di alcuni finger food preparati dagli chef di Città del Gusto Napoli, Nicola Miele e Fabrizio Pugliese.

Panna cotta di Gruyère DOP Réserve, gelée di vino rosso e mele annurche
Spuma di Gruyère d'Alpage DOP, pancetta speziata e cialdina croccante
Sfera di Emmentaler DOP Stagionato in grotta con patate sauté, carciofi croccanti e sensazione di menta
 
Appuntamenti come questo, quando sono così ben strutturati, costituiscono momenti altamente formativi, oltre che di gusto. Momenti preziosissimi, per un palato perennemente in formazione come il mio.

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